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6 giugno 2020, dopo il lockdown si ripArte

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di Paolo Conti, dal Corriere delle Sera

Domenica 2 giugno, alle 9, mentre il ministro Dario Franceschini e Mario De Simoni (presidente e amministratore delegato di Ales/Scuderie) riaprivano al pubblico la meravigliosa mostra dedicata a Raffaello dalle Scuderie al Quirinale, passavano le Frecce Tricolori che avevano lasciato da poco l’Altare della Patria, dove il capo dello Stato Sergio Mattarella stava deponendo una corona d’alloro. Raramente noi italiani abbiamo visto un simbolo più forte, eloquente, anti-retorico: si torna ad ammirare uno dei massimi geni della nostra storia dell’arte mentre si celebra la Festa della Repubblica e si recupera in parte, proprio attraverso il Patrimonio culturale del Paese, una normalità perduta. Quella su Raffaello è considerata la mostra europea del 2020, lo dimostrano le 22 mila prenotazioni già arrivate dall’Italia e dall’estero dopo l’emergenza. Segno di un gran desiderio di non perdere un’occasione irripetibile: grazie alla collaborazione di tutti i musei prestatori delle opere, italiani e stranieri, la mostra rimarrà aperta fino al 30 agosto. Ma sono tanti i romani che hanno prenotato i biglietti. Così come sono innumerevoli i toscani che hanno «riscoperto» Pisa e la sua Torre, o i cittadini di Pompei che hanno ritrovato gli scavi al riparo dalle folle, o i veneti che sono corsi a Venezia per godersi una città senza le resse. Ed ecco due messaggi in un uno. Il primo, il più evidente: gli italiani vedono nel proprio retaggio storico-artistico una certezza indistruttibile, al riparo dalle mode e dalla contemporaneità che si nutre di virtualità. Il Bello dell’Italia è concreto, a portata di mano, ci appartiene e ci accoglie quando vogliamo. Ci parla del passato, ci insegna molto del presente e ci proietta nel futuro. Secondo messaggio. Se il Covid ha per paradosso insegnato qualcosa di positivo, è proprio l’uso dei Beni culturali. Bisognerà urgentemente ripensare alla distribuzione di un turismo di massa che non può più soffocare solo Venezia, Firenze e Roma, ma deve essere indirizzato, con una politica anche di comunicazione internazionale, verso il famoso Museo Diffuso sull’intera Penisola. Altrimenti tutto tornerà come prima, tra caos e rifiuti. E anche peggio.

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