Progetti Arte Contemporanea

“Italia in attesa” nell’era del lockdown. Mostra fotografica a Palazzo Barberini

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Cosa rimarrà di questo tempo sospeso? E’ una domanda frequente che si fanno tutti senza trovare una risposta. Prova a offrire una chiave di lettura la mostra fotografica curata da Margherita Guccione, Carlo Birrozzi e Flaminia Gennari Santori, allestimento di Enrico Quell, “Italia in attesa”, aperta fino al 13 giugno a Palazzo Barberini. E lo fa attraverso la presentazione dei lavori realizzati durante i giorni di “lockdown”  da dodici maestri della fotografia, uomini e donne, di età e attitudini diverse chiamati a bloccare in immagini quel tempo dominato dalla pandemia, quelle giornate senza soluzione di continuità, tutte uguali. Libertà assoluta nello scegliere iI soggetto e il luogo, unico vincolo il periodo considerato. Le foto dovevano essere scattate da marzo a maggio 2020. I prescelti sono personaggi di assoluto spessore artistico, di grande esperienza e notorietà internazionale, le loro opere sono presenti in mostre e musei di tutto il mondo. Dal Pompidou al Moma, alla Biennale di Venezia, al Museo di Shanghai.

La mostra, ideata nell’ambito di un progetto dedicato alla creazione di un archivio visivo nel periodo dell’emergenza per il coronavirus, nasce nell’ambito di una committenza pubblica. A promuoverla è stata la Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, mentre sarà l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione a conservare nella propria collezione permanente  le serie fotografiche realizzate per l’occasione.  Sono le foto di luoghi, di momenti, di persone frutto di stati d’animo e di sensibilità diverse che formano il racconto visivo di un fenomeno imprevisto e imprevedibile che ha sconvolto le nostre vite.

Chiamati a cimentarsi con la realtà che si presentava  davanti al loro obiettivo in quei giorni,  selezionati da un apposito comitato scientifico, sono in ordine alfabetico i  fotografi Olivo Barbieri, Antonio Biasucci, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Paola De Pietri, Ilaria Ferretti, Guido Guidi, Andrea Jemolo, Francesco Jodice, Allegra Martin, Walter Niedermayr e George Tatge chiamati a testimoniare la desertificazione di paesaggi e piazze, luoghi della cultura e del vivere civile. Come fa George Tatge che sceglie il bianco e nero per “Umbria smarrita”. Nato a Istanbul, vissuto a Todi per dodici anni (in cui ha mantenuto la residenza pur vivendo a Firenze), c’è tornato in quei giorni volgendo lo sguardo non alle campagne, quasi vuote ormai, ma alle città, alle piazze luoghi sociali per eccellenza, alle architetture, all’armonia dell’abitato di Assisi, Perugia, Spello, Todi…

Olivo Barbieri che nel 2004 ha filmato da un elicottero una megalopoli come Shanghai, sottotitolo “una storia silenziosa”, si ferma sulla “Camera degli sposi”, il capolavoro di Andrea Mantegna nel Palazzo Ducale di Mantova, per riflettere sui meccanismi della percezione. Francesco Jodice  compie un viaggio mentale attraverso immagini satellitari, accostando all’architettura millenaria del Colosseo (“progettista anonimo”), una serie di falansteri costruiti nella penisola negli ultimi anni: Corviale a Roma, il Gallaratese a Milano,  lo Zen a Palermo, le Vele a Napoli, il Quadrilatero a Trieste, “monoliti di una società incompiuta”.  Mario Cresci “in quel tempo ai domiciliari” nella sua casa di Bergamo ha rivolto l’attenzione alla realtà interna, gli oggetti che convivevano con lui, e alla realtà esterna, la città vuota.  E  i luoghi dell’infanzia di Silvia Camporesi, i paesaggi di ogni giorno di Guido Guidi, le immagini antropomorfiche di Antonio Biasucci

La mostra offre anche l’occasione di esplorare nuove sale di Palazzo Barberini. Dovendo trovare lo spazio per esporre in modo adeguato un centinaio di fotografie senza modificare l’ordinamento del museo, sono stati utilizzati gli ambienti  delle cucine del Circolo Ufficiali e la Sala delle Colonne.  Così chiamata per la coppia di colonne antiche di granito con raffinati capitelli in marmo greco  che poggiano su due blocchi di scavo in marmo cipollino. E’ qui che il cardinale Francesco Barberini  esponeva le sue collezioni di antichità.  La fontana  di Bacco al centro della parete, con lo stemma dei Barberini e dei Giustiniani è riconducibile a Pietro da Cortona. Se la Sala delle Colonne si è già vista in passato, del tutto sconosciuto è l’ambiente in cui erano le cucine novecentesche . In origine, come si legge in un pannello informativo, al tempo del giovane cardinale Antonio Barberini, il locale era “la stanza del leone  ”perché  vi era tenuto uno degli animali esotici  allevati a palazzo, portato dalla Libia. Successivamente fu adibito ad antiquarium, la cosiddetta “Anticaglia” di marmi antichi, deposito e restauro delle collezioni, fino a diventare nel ’34  la cucina  del Circolo Ufficiali delle Forze Armate. E tale rimase, nonostante l’acquisto del palazzo nel ’49 da parte dello Stato per farne la Galleria Nazionale, fino al 2006. Si vede oggi per la prima volta come spazio espositivo, dopo aver ripristinato il cortile e aver eliminato una struttura aggiunta in cemento.

La mostra prosegue al piano nobile del palazzo nella Sala Ovale dove sono esposte le visioni eteree di Venezia e Rimini di Paola De Pietri  che si confrontano con il bianco totale delle architetture progettate da Gian Lorenzo Bernini. A seguire la Sala dei Paesaggi con le vedute della Campagna Romana, dei possedimenti della famiglia Barberini, ospita i paesaggi montani di Walter Niedermayr, totalmente privi di qualsiasi presenza umana.

Alle novità  all’interno del palazzo, la Sala delle Colonne e le Cucine Novecentesche, se ne aggiunge un’altra uscendo verso il giardino. Uno spazio verde che oggi è pubblico, circondato da palazzi, che appare silenzioso e curato. Sulla sinistra si erge intatta una grande serra,  progettata dall’architetto Francesco Azzurri, costruita  in occasione della sistemazione ottocentesca del giardino del Palazzo. Era il  1883 come si legge in una targa apposta sopra una fontana sormontata dall’Ape Barberini. E’ destinata a diventare in un prossimo futuro bar caffetteria. Attualmente ospita una parte della mostra.  I luoghi simbolo della città ritratti da Andrea Jemolo. Sono Fontana di Trevi, Piazza di Spagna, la terrazza del Pincio, Villa Borghese,  Castel Sant’Angelo, la scalinata di Trinità dei Monti come non si sono mai visti. Paesaggi metafisici, deserti, senz’anima. E accanto alcuni centri storici danneggiati dal terremoto che ha colpito il centro Italia nel 2016 in cui la vita è affidata solo alle ombre e alla natura ritratti da Ilaria Ferretti.

Galleria Nazionale d’Arte Antica, Palazzo Barberini,  via  delle  Quattro Fontane 13. Orario: da lunedì  a venerdì 10.00 – 18.00, fino al 13 giugno 2021.  Informazioni: tel. 06 – 32810 e www.barberinicorsini.org    Prenotazione individuale consigliata, obbligatoria per gruppi.    

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