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27 gennaio. “La mia memoria e la mia verità”, parla Liliana Segre

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Una memoria scevra dalle «muffe della ritualità» e un auspicio per il nuovo Presidente della Repubblica, chiunque esso sia, che si rifaccia ai valori antifascisti.PUBBLICITÀ

Ecco il viatico di Liliana Segre per la Giornata della Memoria che ci si appresta a celebrare domani. Stanca ma anche eccitata di poter partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica, di poter entrare per la prima volta alla Camera e di poter partecipare a un rito che, dietro il filo spinato di Auschwitz, tra le baracche dello sterminio programmato, mai avrebbe potuto immaginare, Liliana Segre interrompe il suo riserbo per tornare a parlare della necessità del ricordo, unico vaccino possibile per non ricadere nella banalità del male.

Una «banalità» che anche ultimamente si manifesta in episodi di ferocia iconica come ad esempio il recente funerale a Roma con una bara avvolta nella bandiera nazista o di ferocia concreta, come l’aggressione a Livorno di due ragazzine quindicenni a un dodicenne «colpevole» di essere ebreo. Crepe di una società preda di un chiacchiericcio costante, ma che alla cura di una memoria condivisa spesso preferisce un colpevole oblio contro cui si batte questa signora novantenne che da sempre «ha scelto la vita», come recita il titolo del suo libro testamento.PUBBLICITÀ

Senatrice Segre, che significato ha «coltivare la memoria»?
«Coltivare la memoria è un dovere di ogni società che voglia dirsi civile. Curare il senso della storia, situare il proprio essere in una prospettiva di lungo periodo che permetta di muoversi meglio nel presente, di vedere meglio i pericoli sulla scorta appunto dell’esperienza, questo il compito di tutti e di ciascuno. La memoria è una componente indispensabile di una personalità ricca, vigile, sensibile, democratica».

La storia di chi è stato nei campi di sterminio è stata per anni quasi relegata a un incidente della Storia. Perché è accaduto, secondo lei?
«Non direi francamente che si sia mai considerata la Shoah un incidente della storia. Per fortuna. Certo, si tratta della pagina più buia nella storia dell’umanità. Del tentativo inedito di pianificare e mettere in atto l’eliminazione di un’intera parte del genere umano, colpevole solo di esistere e di avere una sua specifica identità. Naturalmente la storia del mondo è piena di eccidi e di veri e propri genocidi, ma diverso è il caso di un lucido e “scientifico” programma di sterminio, portato avanti con fanatica pervicacia e con metodo industriale, in un breve lasso di tempo. È possibile che questo spaventi, terrorizzi, che si preferisca minimizzare, nascondere, dimenticare. Ma proprio questo ci chiama al dovere di denunciare e ricordare».

Ritiene che la nostra società abbia raggiunto una sensibilità accettabile rispetto ai temi della Shoah o è preoccupata dal ritorno del negazionismo?
«Sono ovviamente preoccupata. Il negazionismo è la forma peggiore, perché intenzionale, strumentale e cinicamente perseguita, di quel processo di rimozione del Male Assoluto di cui parlavo poc’anzi».

Crede sia possibile trovare un rimedio?
«Come ovviare? Direi con quello che l’Unesco chiama il counter-speech. E cioè: non solo repressione dei fenomeni penalmente rilevanti di certi atteggiamenti negazionisti, ma produzione di una “narrazione” alternativa, basata sulla testimonianza, sulla ricerca storica, sull’insegnamento nelle scuole e nelle università, sul ruolo della informazione. Contrapporre in modo puntuale, capillare, caparbio verità a menzogna, conoscenza a fake news. Una via lunga e difficile, ma l’unica che ci assicura di formare coscienze e cittadini pienamente consapevoli di ciò che è stato e dei loro doveri».

La commissione contro l’istigazione all’odio e le discriminazioni da lei presieduta ha ospitato recentemente l’ex presidente del Cile, Michelle Bachelet, oggi Alto Commissario Onu per i diritti umani, che ha parlato di togliere le «tossine dell’odio dai social». Come ci si difende dalle aggressioni sui social?
«I lavori della Commissione procedono ormai da mesi a ritmo sostenuto. La relativa indagine conoscitiva si sta arricchendo dei contributi di decine (circa 60 ad oggi) di audizioni di esperti di tutti gli ambiti riguardanti gli hate speech, i rischi connessi ai social media, il potere delle grandi piattaforme online, la legislazione in materia a livello europeo ed internazionale, ecc. Già a metà di quest’anno contiamo di dare una prima articolata informativa all’Aula del Senato. Confido che i lavori della nostra Commissione potranno dare un alto contributo di conoscenza, ma anche preziose indicazioni per nuovi, più efficaci interventi legislativi».

E quanto a lei, oggetto anche poche settimane fa di frasi offensive e di odio social?
«Quanto alla mia persona sono sufficientemente protetta non solo dagli splendidi ragazzi e ragazze della mia scorta, ma soprattutto dal sentimento di vicinanza e solidarietà di cui migliaia di cittadini ogni giorno mi danno testimonianza».

Senatrice, si sta eleggendo un nuovo presidente della Repubblica. Cosa auspica per il nuovo inquilino del Quirinale?
«Naturalmente non intervengo nella discussione sui nomi, anche se come ovvio farò il mio dovere di “grande elettrice”, secondo quanto la mia coscienza mi detterà. Un auspicio di valore universale voglio però esprimerlo. Ricordo ancora che quando il Presidente Mattarella, a cui va la mia profonda gratitudine di cittadina prima ancora che di senatrice a vita, fu eletto alla più alta carica dello Stato, la prima cosa che fece fu recarsi alle Fosse Ardeatine a rendere omaggio alle vittime della barbarie nazifascista. Ecco, mi auguro che il prossimo o la prossima Presidente saprà dimostrare analoga cura nel fare della memoria e dei valori antifascisti qualcosa che non ammuffisce nella ritualità delle varie celebrazioni ufficiali, ma forgia sempre più saldamente una autentica coscienza popolare nazionale». 

da La Stampa del 26 gennaio 2022

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